Muoversi tra il chiaro e scuro: Circus di Ana Juan tra le mani passeggiando per Merano


Ana Juan Circus logos copertina


Si avvicina quel periodo dell’anno che, come ti ho raccontato in precedenti occasioni (QUI per esempio) mi riporta a dei ricordi della mia infanzia molto vividi, di quando vivevo con i miei genitori a casa di mia nonna materna. Puntualmente in questo periodo dell’anno una delle stanze veniva decorata con un piccolo altare, lasciami usare questo termine, con le fotografie dei membri della famiglia defunti, delle offerte (solitamente cibo) e delle candele; probabilmente alcuni penseranno a quanto possa essere negativamente impressionabile una bambina, ma ti confesso che invece mi ha sempre fatto sentire un legame fortissimo con persone che io non ho mai conosciuto, ma che sono parte di me, della mia storia familiare, facendomi sentire quel calore delle storie narrate, quel rendere omaggio al ricordo per far sì che continui nel tempo.


Non è una questione legata a nessuna religione, ma ben sì a un senso di appartenenza, di parlare della morte come parte della vita e di creare legami indissolubili.

Ti propongo per questo periodo dell’anno dove, la luce si fa cammino tra le tenebre la lettura di un Silent Book, che ho scoperto e suggerito di acquistare alla Biblioteca Civica di Merano, durante le mie investigazioni e studio sui libri senza parole di fine corso per il corso di perfezionamento LETIN: Circus di Ana Juan, edito per l’Italia da Logos (2010)

Ana Juan è un’artista poliedrica nata a Valencia con un percorso artistico internazionale, ha esposto le sue opere a New York, Ginevra, Madrid, Barcellona e ha lavorato per El Mundo, El Paìs e il The New Yorker Magazine; ha vissuto a Parigi, Tokyo e Amburgo per poi trasferirsi a Madrid, dove attualmente vive (Io e lei abbiamo due città in comune: Madrid e Amburgo).

Alla fine di Circus, trovi un testo dove Ana ci racconta di un’infanzia passata tra fogli e disegni: la necessità di ricerca e di espressione che sempre l’accompagna, una ricerca, che ancora prosegue senza sosta, di un’immagine che le permetta dar voce e forma alla sua infanzia, un’indagine che trova ampio respiro nei suoi silent book, le quali le hanno permesso di avvicinarsi senza timore al suo sogno, alla sua visione.

Ed è esattamente su questa visione onirica, ma allo stesso tempo piena di materialità che si muove Circus, una narrazione che gioca su luci ed ombra prevalentemente in bianco, nero e grigio: la storia inizia dai risguardi che ti invitano ad entrare in un mondo oscuro, continua nella pagina con la dedicatoria, come in una sorta di teatro, una gallina senza testa ci invita a seguire i suoi passi.

Due bambine, giocano in un luogo senza tempo, una casa, una fattoria isolata che riporta alla mente Il mago di Oz, due bambine identiche, che ricordano le due gemelline di The Shining (dal libro di Stephen King (1977), poi film di Stanley Kubrick (1980)): una palla rossa si staglia su di un cielo dove il sole cerca inesorabile di trapelare e sfuggire a una nuvola nera che non promette niente di buono, due maialini corrono e un albero spoglio dona ulteriore movimento all’immagine.

Il rosso della palla e il rosa dei maialini, l’azzurro degli occhi delle bambine spiccano in una dimensione che si muove tra il reale e l’irreale: l’albero apparentemente privo di vita, ne è in realtà ricco: ragni tessono ragnatele e storie, ragni che muovono e smuovono: l’albero assume forme antropomorfe, occhi ammandorlati, rami che sinuosi invitano a entrare nel tendone del circo che è andato a sostituire la casa che sembra essere stata inghiottita, non essere esistita mai. I ragni aprono il tendone ed eccoli lì i personaggi: una gallina senza testa, una ballerina con in mano una testa d’uomo, un uomo senza testa, probabilmente un pagliaccio, una sirena in una vasca, una flautista, un musicista che suona un tamburello, i giocolieri e un gatto nero.
I circensi appartengono a una dimensione senza tempo, al mondo ultraterreno: la sirenetta è in realtà una donna con un cappello a cilindro, probabilmente suicida, la sua coda è un pesce che la sorregge con la bocca, la ballerina vestita di rosso ha sulla testa un coltello e sorregge, come una Giuditta che decapita Oloferne, la testa di un uomo che scopriremo essere legati da un amore di cui possiamo solo immaginare la storia. 

Ana Juan Circus logos  dettaglio

I giocolieri, i cui strumenti sono i loro stessi corpi, ricordano lo Stregatto 
(Gatto del Cheshire) di Alice nel Paese delle Meraviglie per le espressioni dei volti e per il loro gioco con la fisicità.



Ana Juan Circus logos  dettaglio



Note di colore saltano alla vista e, a mio avviso, stanno a rappresentare le emozioni, i sentimenti la vita che pulsa forte anche in un mondo dove non c’è vita terrena, ma sì spirituale.

Ed ecco che delle falene entrano nella narrazione, falene che hanno volti umani: la falena simbolo dell’aldilà e invito a guardare oltre. Invito che è chiaramente palpabile all’interno di ogni pagina, che va guardata e riguardata, per intraprendere il viaggio con le bambine che ci condurrà ad un finale che lascia sgomenti, le bambine entreranno in questo corteo circense celebrando la vita, l’immaterialità e la permanenza del ricordo e della necessità del raccontare per orientarsi e trovarsi.



Non ti svelo tutto, vorrei tanto che ti regalassi del tempo per sfogliarlo e leggerlo, se la tua domanda è per che età lo consiglieresti? La mia risposta è: dipende dal lettore che hai davanti, non voglio porti dei limiti, ma invitarti ad assaporare questa opera che ti condurrà in un viaggio che saprà emozionarti se lo leggerai con la dovuta cura.

Tenendolo in mano e camminando per la città dove vivo attualmente, ho ritrovato questa dimensione inaspettata nel rione Steinach, nel centro città.


Blu e Ericailcane 2006 Merano vicolo Passiria



Se passi da Merano e vuoi immergerti nel bianco e nero, dove forme antropomorfe si srotolano come in un arazzo contemporaneo puoi farlo nelle opere di Blu ed Ericailcane: due streetartist di fama internazionale che in vicolo Passiria hanno realizzato un murales in collaborazione, dove il dialogo tra i due è innegabile, come in altre occasioni nella loro storia artistica. Un dialogo che si muove tra il reale e l’irreale, lo spazio pubblico diviene mezzo comunicativo, una storia anche questa da leggere con calma, perdersi tra i tentacoli, le bocche, il respiro e l’affanno l’incubo e il sogno, l’onirico e il reale.

Il progetto è stato realizzato e curato da Gudrun De Chirico e commissionato da Kunst Meran Merano Arte nell’ambito del progetto Sound Zero a cura di Valerio Dehò nel 2006, Senza titolo.



Guarda qui il video di Blu.

Blu e Ericailcane 2006 Merano vicolo Passiria




Ti auguro quindi di perderti tra i ricordi, tra le luci e le ombre, vivere intensamente il ricordo, il calore che questo periodo dell’anno porta con sé e darti del tempo per ascoltare, raccontarsi e raccontare.

Come avrai visto questo articolo arriva inaspettato, effettivamente va al di là della programmazione che avevo predefinito, mi sono lasciata trasportare dalla voglia di condividere spero non ti dispiaccia e che la lettura sia stata di tuo interesse.



Torno a scriverti presto con un articolo che invece sì avevo già in programma.

Un caro saluto,

Jessica Paolillo



Blu e Ericailcane 2006 Merano vicolo Passiria



Ricordati puoi seguirmi qui:

Instagram

LinkedIn

La mia newsletter:  Scintille di carta






Tutti i contenuti sono stati redatti e frutto della ricerca dell'autrice : Jessica Paolillo

Comentarios

Entradas populares